contenuti
La superficie frutticola regionale ammonta nel 2005 a
circa 2.700 ha per una produzione di quasi 72.000 tonnellate. Più della metà
della superficie è interessata alla coltura del melo (ha 1.439), seguita dall'actinidia (ha 572),
pero (ha 305), pesco (ha 276) e altre specie minori.
Il numero delle
aziende impegnate nella frutticoltura è di
circa 1700. Gli impianti sono situati quasi esclusivamente in pianura.
Il territorio regionale si presta sia a produzioni di qualità nelle specie commercialmente
più importanti, sia alla valorizzazione di alcune varietà autoctone per una destinazione a mercati
più limitati. Lo spazio commerciale è dato da un mercato regionale con domanda eccedente l'offerta
(anche per la presenza di importanti plessi turistici), dall'interesse (consumatori, operatori,
GDO) verso le produzioni locali e dalla vicinanza ad importanti mercati centro-europei.
Questi
punti di forza si sono recentemente consolidati con la presenza di cooperative
monoprodotto con elevata specializzazione produttiva e dotate di strutture per la lavorazione,
conservazione e confezionamento, che lasciano intravedere notevole opportunità in un mercato
caratterizzato da una crescente attenzione ai marchi di qualità e alla certificazione del prodotto
e con un forte differenziale di prezzo tra produzione e consumo.
Per concretizzare le favorevoli prospettive, e poter competere con le produzioni
extraregionali (spesso con qualità certificata) e dei Paesi nuovi produttori (spesso con qualità,
anche sanitaria, inferiore), è necessario superare le numerose
debolezze del settore.
Sul lato della produzione di base, va segnalata la significativa percentuale di frutteti che
richiedono di essere rinnovati, sia per età, sia perché tecnicamente superati, le strutture
aziendali e la meccanizzazione spesso obsolete e, in generale, la scarsa propensione
all'innovazione e alla diversificazione di processo/prodotto/servizio, anche per un'età media dei
conduttori piuttosto alta e uno scarso ricambio generazionale.
Dal punto di vista della compatibilità ambientale e dell'adesione a certificazioni, le
produzioni convenzionali sono spesso svolte con tecniche inadeguate e quelle biologiche sono
limitate ed eccessivamente basate su varietà autoctone, nonché debbono affrontare gli elevati costi
di gestione di linee di lavorazione separate.
Dal punto di vista dell'organizzazione del settore, va rilevata la limitata gamma di
prodotti, una commercializzazione inadeguata (polverizzazione dell'offerta e limitato potere
contrattuale nei rapporti di filiera), l'assenza di un'unica OP regionale, il sottoutilizzo delle
strutture di lavorazione e degli impianti di condizionamento, trasformazione e commercializzazione,
l'insufficiente integrazione con GDO e agroindustria, lo scarso utilizzo di sistemi di analisi e di
informazione economica e di politiche di marchio e di certificazione, l'insufficiente attività di
promozione al consumatore.
Si tratta, quindi, di un comparto che richiede una diffusa azione di ammodernamento per
cogliere le molte
opportunità presenti e per ampliare la base produttiva.